martedì 3 febbraio 2009

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C'è un'emergenza nazionale. E non è la crisi economica, la mancanza di un Obama nella sinistra italiana, la criminalità causata dagli immigrati clandestini. C'è un'emergenza che è un buco nero nel nostro Paese, che contribuirà a spingerlo nel precipizio e di fronte alla quale tutte le persone che hanno a cuore la cosa pubblica dovrebbero avere un moto di insurrezione. Questa emergenza si chiama università.
Non è vero che l'università, come si dice, non è un problema né di destra né di sinistra. E' un problema sia di destra sia di sinistra nel senso che è la vittima di logiche assolutamente trasversali che l'hanno trasformata in qualcosa di completamente diversa dal fulcro del sistema formativo che invece dovrebbe essere chiamata a rappresentare. A essere o di destra o di sinistra sono le soluzioni per uscire da questo baratro: si può decidere che la situazione si risolve affidando al privato e al mercato la decisione su cosa insegnare e come insegnarlo, oppure pensare che riconsegnare all'università le speranze delle generazioni future sia la strada per una società più giusta, più accogliente, più libera.
Non è grillismo qualunquista affermare che nell'università si intrecciano un'infinita serie di interessi che non hanno nulla a che fare con la trasmissione delle conoscenze, che dovrebbe essere invece l'obiettivo principale di questa istituzione; né raccontare quello che quotidianamente accade nelle nostre facoltà per dimostrare che dietro al disinteresse di tanti professori e assistenti c'è il fallimento di una generazione che non ha intenzione di mettere nelle mani di quelle successive il futuro, di cui queste dovrebbero poter disporre, e la possibilità di costruire un altro mondo possibile.
Sembra banale e limitativo, ma non ci si rende conto che con un diverso funzionamento dell'università molte questioni della nostra vita politico-sociale sarebbero diverse: le questioni del lavoro, per esempio, perché un'università di questo tipo non fa altro che produrre futuri lavoratori che saranno tanto più soggetti alla precarietà quanto più è grande la carenza degli strumenti in loro possesso, o meglio che avrebbero dovuto ricevere e di cui invece l'università li ha privati.
Io voglio raccontare per dissacrare l'immboilità di cui in troppe facoltà ci si serve per preservare posizioni di potere, togliendo l'ossigeno alla società del futuro. Penso che sia il momento della resistenza contro un sistema ingiusto, che ha un totale disprezzo per coloro che invece dovrebbero essere formati nel nome dell'uguaglianza.
Tutti sanno ciò che un sistema come questo produce: coloro che sono cresciuti in case piene di libri e in ambienti fertili per la conoscenza del mondo - non parlo neanche di raccomandazioni - contro chi vuole prendere nelle proprie mani la sua esistenza e non ne ha la possibilità. In mezzo, un'istituzione che dovrebbe mettere in comunicazione e bilanciare la situazioni diverse, ma non lo fa, insieme a coloro che approfittano di questo sistema per ottenere il massimo con il minimo sforzo.
Io non voglio essere complice.

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